Uno sguardo ai luoghi > Collezioni Comunali d'Arte > Sala 16 > scheda descrittiva | |
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Posta alla fine di una lunga enfilade di stanze, secondo la prassi architettonica ancien régime, questa sala stupisce il visitatore con l’improvviso aprirsi davanti ai suoi occhi di un inaspettato spazio verde. Siamo alla presenza di una “stanza paese” o “deliziosa”, secondo la terminologia coeva, un luogo di delizia che ricrea un ambiente naturale, tipologia diffusasi a Bologna tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento. Nei secoli precedenti la decorazione d’interni aveva già utilizzato la natura come motivo decorativo, fingendo ambienti all’aria aperta entro luoghi chiusi. Tra gli esempi moderni possiamo citare l’innovativa Sala delle Asse che Leonardo progetta per il Castello Sforzesco, l’aereo pergolato della Sala di San Paolo del Correggio a Parma ripreso a Fontanellato dal Parmigianino, e quello della loggia della Farnesina, ideato da Raffaello. Si tratta tuttavia di casi isolati, che non riescono ad affermarsi in modo capillare. Con la fine del Settecento, tuttavia, si assiste a Bologna ad una ripresa di quello che era destinato a diventare in breve tempo un vero e proprio genere decorativo, immancabile in ogni palazzo patrizio, come la galleria o lo scalone monumentale. Tra le più significative stanze-paese a Bologna, ricordiamo quelle di Palazzo Hercolani e di palazzo Aldini Sanguinetti (oggi sede del Museo della Musica), in Strada Maggiore. In questi casi l’illusione era più forte trattandosi di ambienti comunicanti con l’esterno (un giardino od un giardino pensile); la vista delle piante dipinte si sovrapponeva a quelle vere, in un rimando continuo di illusioni e stimolazioni sensoriali. La Boschereccia di palazzo Comunale fu realizzata dal paesista Vincenzo Martinelli (Bologna, 1737-1807), qui coadiuvato da Giuseppe Valiani (Pistoia, 1735-1800) per le figure, alla fine del Settecento, forse in occasione della risistemazione degli ambienti del palazzo Comunale che venivano destinati, dopo l’arrivo dei francesi, da appartamento privato del Cardinal Legato a sede del nuovo Direttorio (1797). Lo spazio avvolgente è delimitato da un aereo berceau di piante rampicanti, intrecciate a formare una cupola sostenuta da lievi diaframmi di pareti, perforate da aperture, e tutt’attorno coronate da balaustre. Davanti agli occhi del visitatore si aprono vedute sulla campagna alternate ad esedre con fontane, sopra la sua testa si allungano rami, pendono serti e tralci. L’impressione che abbiamo è quella di trovarci all’interno di un tempietto, in un giardino all’inglese, tra il fresco delle fontane, il verde delle piante e le incrostazioni rocaille, residuo ormai demodé. Non poteva mancare in - questo esempio di trapasso dalla più tradizionale decorazione barocca ad un nuovo modo di ornare - una coesistenza di stili, rappresentata dalle figure in volo nella volta, che nei decenni successivi tenderanno a sparire, sostituite da finte statue, più adatte all’illusione del giardino. La volta ospita il gruppo di Zefiro e Flora, allusivo alla primavera e alla naturale rinascita che l’accompagna. Sulle incorniciature si muovono putti che danzano tenendo serti di fiori o che fanno bolle di sapone: un riferimento alla fugacità della vita e della stagione, un velato invito a coglierne le gioie brevi. Anche il pavimento originale, oggi perduto, partecipava della decorazione in un armonioso insieme che non è più possibile cogliere. |
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PANOPTICON DI BOLOGNA è un progetto di ALBERTO MARTINI. |